mercoledì 19 febbraio 2014

Panessugo

- Ho fame!
- È presto per pranzare, Leppagorre. Non fare il cucciolo di duecento anni, eh?
- Ho fameee!
- E chetati, che non è aria, eh?
- Ho famissima!
- E basta! Non c'è niente di pronto, e non ho intenzione di ficcare le dita in una scatoletta di tonno o prendere a morsi una scamorza solo perché tu hai le fregole!
- Ho famerrima!
- Adesso ti metto in un barattolone di vetro con due litri di liquore all'anice e ti vendo al museo come feto deforme!
- Cattivo! Non hai il minimo rispetto per chi accanto a te soffre, da chi è assediato dallo spettro fosco dell'inedia e a breve potrebbe anche avere dei malori...
- Prima che tu possa avere dei malori dovresti poter smaltire quelle trippe che ti ritrovi, e credo che faresti in tempo a vedermi stirà le zampe (1) piuttosto!
- Ma quando eri cucciolo tu, secoli fa, e avevi fame, cosa ti dava tua madre?
- All'epoca, secoli fa - come dici tu, maledetto infame - non s'era ancora diffuso l'uso di merendine e stuzzichini confezionati. Se avevi fame una bella fetta di pane e olio spolverata di zucchero, o di sale e via. E nei casi più gravi, fetta di casereccio spalmata di burro e inzuccherata.
- E poi?
- Poi s'usciva a giocare o si andava a fare i compiti da qualche compagno di classe, e basta. Che altro?
- No, dico, basta così col cibo?
- Ma che... ma secondo te un ragazzino di otto o dieci anni mangia come un demone incarnato?
- Perché no? io a otto anni bevevo sei litri di latte a pasto. Dopo il passato di fagioli con cozze soffritte all'aglione, ovvio.
- Dimentico sempre che sei un demone, e quindi leggermente cazzaro.
- Cattivo!... E insensibile! E ti ricordo ho fame!

E per far tacere le voci di dentro, che tacciono solo nei momenti in cui si mastica e s'ingolla, taglio due fette di pane casereccio che chiede pietà.
Chi vive solo mica può panificare due volte a settimana, quindi arriva il punto in cui la bella pagnotta croccante e fragrante si trasforma in un fossile marmoreo con vari sentori fungini che poco lasciano sperare sulla possibilità di poterlo chiamare ancora e impunemente "pane".
Così, pur di non gettarne via nemmeno un pezzo, che è la cosa più triste al mondo - tristerrima, come direbbe lui - ecco tutto un fiorir di zuppe, di polpette e panzanelle alla toscana maniera.
Stavolta l'odore è ancora decente, si riesce ancora a tagliare con il coltello senza assoldare alcun boscaiuolo - come direbbe una mia amica amante del genere country - per ricavarne delle porzioni mangiabili.
In una padella faccio appassire nell'olio un po' di cipolla, a piacere, e quindi vi faccio andare della salsa di pomodoro.
Appena bolle metto il pane e, dopo qualche minuto, appena inizia ad ammorbidirsi, lo giro e lo faccio intridere bene di sugo.


Spolverata di parmigiano e/o di pecorino e basta così.
La buona sobrietà di una volta.
Questo, a lui non l'avevo detto, era per me un antipasto.
Sì, perché certi "cuccioli", secoli fa, erano capaci di farsi due fette di pane al sugo così e poi, serenamente, una scodella di pasta, sempre al sugo, ovvio.


Quanto scalda il cuore un piatto di cari ricordi...

Detto romano del giorno
Misurà er passo seconno la gamma.

Misurare il passo secondo la lunghezza della gamba


Oggi ascoltiamo
Depeche Mode - Walking in my shoes

http://www.youtube.com/watch?v=GrC_yuzO-Ss

NOTE
1) Stirà 'e zampe - Ossia allungare le gambe, è tirare le cuoia. S', insomma, morire.

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