sabato 8 settembre 2012

La Barabattula

Oggi inizierò il post in media res, anzi dal fondo.
Abbiate pazienza, lo so che quando si ha una passione si rischia di diventare noiosi o stucchevoli.
Se avete un amico appassionato di snorkeling, di sesso acrobatico o di coniugazione dei paradigmi in sanscrito capite bene cosa voglio dire.
Se poi uno, come me, ha come passioni la cucina e la Sardegna il rischio è un'eventualità concreta.
Lo so, non sono tutti come mio zio, che è capace di stare a parlare amabilmente di cibi, ricordi e scoperte culinarie per ore senza stancarsi e, soprattutto, senza stancare mai chi ha di fronte.
L'affabulazione è una dote.
E assieme alla passione, poi, crea una mistura micidiale...
Inizierò dal fondo, quindi; da quell' "Oggi ascoltiamo:..." che è un po' il sottofondo della ricetta d'ogni mio post.
La canzone d’amore più dolce e intensa in linua sarda fa così:

No potho reposare amore, coro,
pensende a tie so donzi momentu;
no istes in tristura, prenda e'oro,
nè in dispiaghere o pessamentu.
T'assicuro ch'a tie solu bramo,
ca t'amo forte, t'amo, t'amo e t'amo.
Si m'essere possibile d'anghelu
d'ispiritu invisibile piccabo
sas formas, e furabo dae chelu
su sole e sos isteddos e formabo
unu mundu bellissimu pro tene,
pro poder dispensare cada bene
.…
Non potho biver, no, chen'amargura,
lontanu dae tene, amadu coro.
A nudda valet sa bella natura
si no est accurtzu a tie  meu tesoro,
pro mi dare cossolu, hare recreu
coro, Diosu, amadu prus de Deu.
Non posso riposare, amore (del mio) cuore:
sto pensando a te ogni momento;
non essere triste, gioia d'oro,
non dispiacerti e non stare in pensiero.
Ti giuro che desidero solo te,
che t’amo forte, t’amo, t’amo e t’amo.
Se solo potessi prenderei le ali
d’un angelo, le forme invisibili
d’uno spirito e ruberei dal cielo,
il sole e le stelle per formare
per te un mondo bellissimo
per poterti donare ogni bene.
...
Non posso vivere no, senz’amarezza,
lontano da te, amato cuore.
Non vale a niente la bella natura
se non sta assieme a te, tesoro mio
e possa darmi sollievo e ricreare
il cuore, Dioso, amato più di dio. *

Questa non è la solita dichiarazione d'amore, non è una semplice serenata, questa.
Qui non c'è nessuna Assuntina che deve affacciarsi dal balcone e gettare un fiore per dire di sì.
Qui è assodato che i due si conoscano bene e che già si amino ma, per qualche ragione, vivono lontani l'uno dall'altro.
E cosa si può dire quando si è lontani da chi si ama e nulla sembra avere importanza o dare alcun conforto?
Solo la rassicurazione della dedizione, quel ripetuto "t'amo forte" che suggella una promessa e rende meno penoso lo struggimento dell'assenza.
Quel "se solo potessi"... quante volte l'avete pensato o detto alla persona amata, quando l'impossibilità del momento impediva un bacio, un abbraccio, una carezza?
Se poi la sentite in questa versione, potrete capire perché, dopo più di vent'anni, ad ogni ascolto, ogni volta, c'è una manina rossa di corallo e rovi che m'entra dentro il cuore e me lo strizza forte.
Sentir cantare Andrea Parodi, la voce più bella, forte e intensa che la Sardegna abbia mai avuto, è sentire l'anima e l'essenza stessa di questa terra.
Molti se lo ricordano a malapena sul palco di un lontano Sanremo (era il 1991...) dove, accanto ai suoi Tazenda e Pierangelo Bertoli, cantava "Spunta la luna dal monte", con la sua magra faccia da indiano, i capelli lunghi e neri, e il suo sorriso mite. Ma soprattutto con la forza della sua voce...
A quell'epoca, i primissimi anni Novanta, fu un successo clamoroso per l'ethno-pop sardo, e fu anche grazie agli arrangiamenti accattivanti che i Tazenda fecero conoscere qualche aspetto di una musica che altrimenti, per la sua particolarità, difficilmente viene ascoltata altrove.
Spesso nemmeno in Sardegna...

No potho reposare...
Ora, di fronte a una dichiarazione del genere si può solo rispondere in versi... o con una torta ah hoc.
Ecco quindi la Barabattula (ossia farfallina, in una delle lingue del Capo de susu, il corso-gallurese).

  
Ajó, prontos seis ? Eja! Amus a fachere sa barabattula!…

Dosi per una Barabattula minoredda (piccina, da una teglia di 15 cm di diametro).
Se non siete single e/o volete strafare triplicate, triplicate pure...

Facciamo un pandispagna da 2 uova
La nostra torta avrà questa struttura (dall'alto in basso):
- strato di pandispagna
- farcia alla ricotta
- strato di pandispagna
- mirtiglione
- strato di pandispagna
Ogni strato di pandispagna verrà bagnato utilizzando:
  150 ml    acqua
  2 cucchiai di  rhum
  1 cucchiaino d' acqua di fior d'arancio.
Se farete bollire per 5 minuti la bagna la si potrà utilizzare anche per torte destinate ai più piccoli; l’alcool infatti evaporerà e vi ritroverete dei bimbi scalmanati di natura, sì ma almeno non ubriachi...

La farcia alla ricotta è d’una semplicità disarmante:
250 g    ricotta
1 cucchiaio pieno di miele (quello bbono:  non fate mai i tirchi col miele; magari fate pure la cresta sulla spesa ma il miele, come il caffè, deve essere di buona qualità).
1 cucchiaino d' acqua di fior d'arancio.
Lavorare bene a crema la ricotta, aggiungervi il resto degli ingredienti e passare al:

Mirtiglione
Ovvero uno zabaione al mirto:
1           tuorlo
30 g      zucchero
15 g      farina
50 ml  liquore al mirto.
Un  po' di colorante alimentare rosso
Bollire il mirto per qualche minuto e, mentre si raffredda un poco, lavorare i tuorli con lo zucchero, aggiungere la farina e poi, a poco a poco, facendolo assorbire bene, il liquore.
Aggiungere il colorante rosso, che serve solo a dare un aspetto violaceo ad una crema che, per effetto del mirto, tenderebbe a un colore grigiastro poco invitante.
Se la volete mangiare ad occhi chiusi fatene anche a meno.
Cuocere a bagno maria, girando e rigirando sempre, sino a far addensare la crema, che potrà essere usata solo una volta fredda. Qundi non ci provate...
Certo che un assaggino...

Montare della panna (ne basta una confezione da 250 ml) e aggiungerne una cucchiaiata al mirtiglione se volete alleggerirne il sapore (con la panna... ah ah... burlone...) e un paio per la farcia di ricotta all'interno.
Il resto andrà, assieme alla farcia di ricotta rimasta, come copertura.


I bordi della nostra Barabattula potranno essere decorati con granella di mandorle tostate o anche degli amaretti sbriciolati (ne bastano un etto, circa...).
E sopra, se proprio volete sbizzarrirvi, prendete del cioccolato fuso, mettetelo in un conetto di carta forno (fatelo così) e quindi date spazio alla fantasia.
Io avevo una prelibatezza rara: marmellata al mirto... sublime!
Questa che vedete è la famosa pavoncella, un motivo decorativo molto presente in Sardegna.
Lo vedete sopratutto sui tessuti e sulle ceramiche.
Antonino Pirellas ha fatto persino un "cerchio nel grano" con la sua bella forma stilizzata.
È un simbolo molto antico, di prosperità e pace. Qualcuno ha anche proposto di renderelo ufficilamente il simbolo della terra sarda: pace e prosperità... pensate che le chentu concas e chentu berrittas* non abbiano litigato pure su questo? Allora non conoscete i sardi....




Disegnateci sopra cosa preferite, scriveteci anche qualcosa.
Che so io, magari... T'amo forte e t'amo e t'amo e t'amo"....

Custo durche est dedicadu a tie puru, Andrea istimadu...
Gratzie, capitanu, sa boghe tua non morret mai, a beru.
E me accumpagna semper.

Note:
*   Questo brano fu composto da Salvatore ("Badore") Sini, poeta e avvocato di Sarule, nel 1926, e musicato da Giuseppe Rachel, direttore della banda musicale di Nuoro, originariamente solo per tenore e pianoforte. Il testo originale della canzone è la poesia di Sini "A Diosa", dove si immagina il dialogo tra due amanti lontani, Dioso e Diosa appunto.
È stato cantato da pressoché tutti i cori della Sardegna.
Indimenticabile la versione della grande Maria Carta.
Struggente quella di Andrea Parosi, con l'acutto impossibile della strofa finale, che è un grido, un sospiro, il canto di un angelo.
È l'amore.

**   "Cento teste e cento cappelli", cioè: ognuno indossa la berritta come vuole.
Come a dire: ognuno ragiona per conto suo. Simbolo di indipendenza degno di una polis greca del IV secolo.
Ma spesso anche di capillare e meschino campanilismo, che è stato sempre nocivo agli stessi Sardi.
Immaginate il putiferio che è scoppiato quando la Regione ha proposto e deciso uno standard di scrittura ufficiale per la Limba? Domineddio...

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