mercoledì 10 dicembre 2014

Rigatoni c'a pajata

Siamo deboli, siamo incongruenti, siamo incostanti nei nostri propositi.
Ci inteneriamo per alcuni fatti e lasciamo che altri ci accadano attorno senza colpo ferire.
Siamo ipocriti, siamo opportunisti, siamo lucidamente o inconsapevolmente indifferenti.
Sopportiamo che accadano cose terribili, e qualche volta le fomentiamo anche coi nostri consumi, ripulendoci poi la coscienza con una disinvoltura che a guardarla da fuori, con lucidità, è raccapricciante.
Siamo abitudinari, siamo pavidi, e spesso inamovibili.
Siamo umani.

M'ero ripromesso di non farlo, lo so, lo so bene.
E non basta dirsi: "Non l'ho fatto mica io..."
Qualcuno lo fa, comunque, e io ne ho approfittato.
Lo so.
Ma una volta, una sola volta almeno, volevo farlo, tanto per scriverlo qui sopra e ricordarmelo in futuro.

La pajata è infatti uno degli alimenti eticamente insostenibili, a mio modo di vedere.
Il consumo di carne in sé, per molti, lo è.
Ed è un tema delicatissimo, che tocca nervi ancora scoperti, abitudini inveterate (e/o invereconde), che solletica la nostra memoria collettiva, quasi ancestrale.
Rinunciare alla carne non è semplice, ammiro chi ha fatto questo passo, e ammetto che ancora non sia in grado di decidermi seriamente a farlo, a dispetto di ogni ragione razionale.
Fino a qualche decennio fa che si consumassero anche le interiora, e ogni tipo d'animale, era giustificato dalle condizioni misere del popolino.
La carne era considerata un lusso, e concedersela era un regalo e un sacrificio che si faceva per la propria famiglia, benché poi tutti conoscessero, anche se non scientificamente, le generose proprietà dei legumi.

Per chi ancora non lo sapesse, la pajata (o, in italiano, pagliata) è la parte dell'intestino tenue del vitellino da latte.
Il caro animaletto non ha ancora iniziato a brucare l'erba, e l'unico nutrimento gli viene dal latte materno, quindi il suo intestino non conterrà altro che chimo, ossia latte predigerito.
Ha torto quindi il marchese del Grillo di Monicelli quando dice a Olimpia che la ghiottoneria che sta mangiando "è proprio merda", ma il marchese era un burlone, si sa, e senz'altro avrà voluto prendersi gioco della bella chanteuse.
Comunque, il cosiddetto "morbo della mucca pazza" ha vietato in tutto il territorio comunitario il commercio di questo prodotto, il che ha lasciato basiti molti romani, molti sardi settentrionali - dove è chiamato zimino, e si fa generalmente arrostito sulla brace - e nell'indifferenza più totale altri 150 milioni d'europei.
E il consumo di alimenti alternativi fa ben sperare che non si debba continuare a perpetrare quello che, a vista di molti, è un vero e proprio crimine.

Comunque è andata, stavolta è andata.
Il peccato - perché questo è - è stato consumato.
Me ne assumo le responsabilità col mio karma, se c'è, e cercherò di rimediare in futuro.
Se scrivo tutto questo non è per supplicare indulgenza, ma per ricordarlo a me stesso.
È o no un diario, un "quasi quaderno di ricette"?...

Rigatoni con la Pajata
Per, vediamo... 5xe/√4.25-8.4/π+φ/2... 4? 3? 2 persone? Forse.
500 g     intestini di vitello (scritto così fà più effetto)
200 g     rigatoni
prezzemolo, aglio
700 g    passata di pomodoro
un bicchiere di vino bianco secco
pecorino romano grattugiato a go-go
olio evo (ma lo strutto è meglio), sale e pepe q.b.

opzionali:
1      cipolla
1 costa di sedano
50 g    pancetta, o meglio guanciale
qualche chiodo di garofano
poco aceto

Operazione preliminare è vestirsi da vecchia popolana romana dell'Ottocento, col sinale e il fazzoletto in testa (ma se si è calvi si può anche saltare questo passaggio), senza la quale accortezza la ricetta riesce solo a metà.
E con la televisione accesa d'accompagno la pajata viene amara, non si sa ancora perché...

Se si ha a disposizione la pajata fresca occorre spellarla, togliere cioè la sottile pellicina che la racchiude e che risulterebbe gommosa alla masticazione.
Tagliarla quindi  a pezzi di 20-25 cm circa e con uno spago da cucina legare le estremità formando delle ciambelline ben chiuse.
Ciò eviterà che il chimo, o er latte come diciamo qui, esca completamente in cottura.
Quest'operazione è necessaria se si ha a disposizione la pajata cruda, meno se la si trova precotta in vaschetta al supermercato.
Ricordo che quando qualche volta ho aiutato mia suocera d'allora - un'ottima cuoca di cucina romanesca, ahimé... - a prepararla, la mia fidanzata se ne fuggiva a gambe levate. Beata ignoranza...
Volendo si può lasciarla qualche minuto su un piatto, spruzzandola con poco aceto.
Tritare la cipolla, il sedano, il prezzemolo e, se si vuole, anche la pancetta (o il guanciale).
Usare a tale scopo il battilondo, il bel tagliere di legno dove le romane d'allora facevano il battuto di guanciale e aromi per le paste o le minestre.
Se possibile utilizzare un recipiente di coccio, ma anche una pentola d'acciaio inox col fondo bello alto è adatta allo scopo.
Lasciar soffriggere l'aglio (uno o due spicchi, interi) in poco olio fino a farlo imbiondire, quindi eliminarlo.
Aggiungere la pajata, sale pepe e, se si preferisce, i chiodi di garofano.
Si fa rosolare e insaporire con sale e pepe, quindi irrorare col vino e farlo evaporare completamente prima di aggiungere il pomodoro.
Aggiungere mezzo litro d'acqua calda.
Lasciare cuocere coperto a fuoco basso fino a ottenere un sugo denso e cremoso.
Se la pajata è fresca almeno un'ora e mezzo o due, se non di più. Se è precotta basta una mezz'oretta.
E se nel frattempo dovesse asciugare troppo aggiungere ovviamente altra acqua calda.
Nel frattempo lessare i rigatoni, scolarli al dente, condirli col sugo e versarvi sopra le ciambelline di pajata e, manco a dirlo, tanto tanto pecorino.


Se poi si sta da soli si possono mangiare anche direttamente nella pentola.


Di rigore la canotta a costine due misure più larga e la barba di due giorni,
Chiedo venia...

Detto romano del giorno
L'asino indove c'è cascato una vorta nun ce casca più.

Oggi ascoltiamo 
The Smiths - Meat Is Murder
https://www.youtube.com/watch?v=xacRTqk5QFM

4 commenti:

  1. son quei peccati che fanno sentire tanto diavoli

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    1. È vero, e nemmeno i diavoli simpatici di Stefano Benni ma diavoli egoisti e sanguinari.
      Certo, dirai, che diavoli sarebbero sennó?...
      Sono ogni volta lacerato tra pancia, cuore e testa, altroché...
      Uff...

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  2. mumble, mumble...coda di paja(ta)?

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