martedì 14 gennaio 2014

Timballo in carrozza

"Metti che... "
La cucina, si sa, è fatta anche di tante situazioni ipotetiche, di tanti "metti che...".
E coi puntini di sospensione, pure. Perché quanno ce vò ce vò!
"Metti che ti prenda voglia di..."
"Metti che t'avanzi del..."
"Metti che stasera, come per magia, venga a cena quel gran figo del boscaiolo dell'Arkansas..."
E no! Ho detto situazioni ipotetiche, non impossibili! Non bariamo!
Insomma, la casistica che spinge escogitare un nuovo piatto, a trovare una giusta collocazione ai pochi ingredienti sopravvissuti in frigo, a provare finalmente la ricetta che avevamo scritto su una pagina di quaderno per poi dimenticarla da qualche parte per mesi, è molto varia.
C'è la necessità di non voler (e dover) buttare mai niente, il piacere di fare qualcosa di nuovo e la soddisfazione di essere riusciti a scalare la vetta dell'impossibile.
Ognuno ha i suoi piccoli o grandi obiettivi.
Come ad esempio: che ci faccio con questa forma di pancarré?
Impacchi per le rughe? No, dicono che non funzioni.
Lo do da mangiare alle papere del lago? Ad avercelo, un lago vicino! E ad avercele, le papere! Quello di Villa Borghese è infestato da tartarughe di tutte le dimensioni, abbandonate negli anni da sconsiderati allevatori fai-da-te e moltiplicatesi all'inverosimile.
Insomma, bisogna pur escogitare qualcosa, e se si è troppo pigri c'è sempre uno dei trenta volumi di cucina che piegano lo scaffale in cucina o le migliaia di pagine in Rete in tutte le lingue del mondo.
Ma senza andare troppo lontano, magari può venir utile anche quella ricettina vista in tv qualche anno fa e ricopiata in fretta e in furia in "stenografia culinaria".
Che poi sarebbe questa:
1 pan
2 u
250 ml l
300 g mozz
al
Facile, no?
Il mio quaderno di cucina è meno comprensibile del manoscritto Voynich, ma rispetto a questo è molto, molto, più interessante.
Quindi, per utilizzare quel maledetto bauletto di pancarré che ho avuto la sconsideratezza di comprare allettato dall'offerta, l'ideale sarebbe una bella mozzarella in carrozza.
E a scriverlo già devo subito asciugare i rivoli di saliva che pavlovianamente mi colano già ai lati delle labbra rischiando di mandare in corto circuito il computer.
Già ha assaggiato il mirto, questo mio povero pc, e da allora non s'è più ripreso.
Fa cose strane, dimentica le cose più semplici, si muove a volte a casaccio.
Non è che abbia un virus, lo so già: è proprio ubriaco!...
Ma torniamo alla mozzarella in carrozza, che essendo fritta è, per ora, sconsigliabile.
Lo so, lo so: "Una volta sola che vuoi che sia?"
Me lo dico da me, ma so già l'immediata risposta: ne mangerei quattro porzioni; e vabbè che l'ospedale delle Figlie di San Camillo è qui vicino, ma abusare della gentilezza e disponibilità di medici e paramedici mi pare poco gentile.
Non si deve, così gratuitamente. Non sta bene.
Quindi la mozzarella in carrozza ce la facciamo in forno, come insegna Luisanna Messeri nostra.

Servono:
1 forma di pancarré
2 uova
250 ml latte
300 g mozzarella
sale e alici q.b.
In una terrina si sgusciano le uova nel latte, si sala e si pepa a piacere (ma non troppo, visto che ci sono le alici...).
S'inzuppa quindi nel miscuglio ogni fetta di pancarré disponendola in uno stampo che avremo imburrato leggermente.
Appena ricoperto il fondo dello stampo si adagiano sul pane delle fettine di mozzarella, delle alici a pezzetti e si ripete l'operazione con altre fette di pane imbibite nel composto.
Si può fare di tutte le forme e dimensioni, ma con uno stampo da 8 porzioni verranno due stati, comunque sufficienti per una persona... uh, che ho detto!
Si inforna a 180° e si lascia cuocere per almeno venti minuti.


Non è la mozzarella in carrozza, che pretese, ma qualcosa di più delicato e meno aggressivo per lo fegato mio miserrimo, già duramente provato da altri intrugli.
La consistenza rimane soffice grazie al latte e le uova, e il pane acquista un sapore delizioso.
Da provare anche con la coppa di Parma al posto delle alici, o un altro insaccato che sia magari meno salato del prosciutto.
Et voilà! C'è voluto meno a farlo che a dirlo.
E il nostro malefico pancarré ha trovato finalmente un senso che non fosse il secchio della spazzatura.
Ah, cari miei, qui nun se butta mai gnente! Lo sappiamo bene, no?

Detto romano del giorno
Chi cià er pepe lo mette alle rape, chi nun ce l'ha le magna sciape.

Chi ha il pepe lo mette sulle rape, chi non ce l'ha le mangia sciape.

Sempre il nostro solito tono fatalista, di chi deve rassegnarsi alla miseria come condizione ineluttabile.

Oggi ascoltiamo
Sette spose per sette fratelli - Lonesome Polecat

http://www.youtube.com/watch?v=prrkG6FcgK8
A proposito di boscaioli dell'Arkansas...

Nessun commento:

Posta un commento