mercoledì 30 ottobre 2013

Martajati a'a romanesca

Com'a dì: Martajati giallorossi.

Ora, non è che io sia un gran tifoso di calcio, anzi, ma c'è da dire che nemmeno faccio come quel mio amico che vede sì tutte le partite di campionato ma del gioco ricorda soprattutto le gambe dei giocatori...
In altri tempi ho anche simulato un certo interesse, quel tanto che serve per fare contento chi vuoi bene, fin quando questi s'è poi finalmente rassegnato e arreso all'evidenza d'avere un figlio irrimediabilmente calciorefrattario.
Lo ricordo così, come un tifoso sfegatato ma anche leale, quel tanto da riconoscere sia quando la propria squadra avesse giocato davvero male che le prodezze dell'avversario di turno.
L'idea di "sportivo" in questo senso l'ho imparata da lui, e non è ovviamente una cosa che, se vogliamo, riguardi solo il calcio.
Ogni santa domenica seguiva il suo rituale, che consisteva nel disporre come su un altarino tutti gli oggetti consueti della tifoseria: sciarpettina giallorossa, radiolina a transistor anni '60, generi di conforto vari, tra cui sigarette e relativo portacenere e, al suo fianco come la spada dell'eroe, una trombetta con cui sottolineare il gol della sua squadra o sbeffeggiare quelli subiti dall'acerrima nemica, la Lazio.
Se putacaso la Roma avesse segnato mentre si stava grattando la narice destra e sbocconcellando un tarallo potevi giurarci che la settimana seguente si sarebbe comunque grattata la narice destra (pur senz'avere alcun prurito) e avrebbe sbocconcellato ancora il suo tarallo (la stessa marca, mi raccomando) quale gesto apotropaico.
Una volta, e s'era nella fine degli anni '70 e, con tutto il carico di disgrazie che questo Paese aveva passato e altre che ancora avrebbe dovuto passare, ebbi anche la brutta sensazione di vedermelo quasi morire di crepacuore sotto gli occhi.
No, non v'era alcuna insufficienza cardiaca, non era successo altro che un funambolico gol dell'attaccante d'allora, Roberto Pruzzo, dopo il quale prese a inginocchiarsi verso la mecca dell'Olimpico urlando, con quella voce che lo si sentiva a quattro piani di distanza, "Pruzzooo!!! Pruzzooo!!!"
Era paonazzo, sudato, felice.
Dentro di me , allibito,  ricordo che fui capace solo di pensare: "Ecco, me lo sono giocato! Orfano prima del (secondo) tempo!"
Invece dopo una giaculatoria che sembrava più che altro il lamento di un brontosauro azzananato alle terga da un Lazialiraptor, lo vidi alzarsi faticosamente e raggiungere lo sportello dei liquori dove, ad aspettarlo, c'era la Sua bottiglia di brandy da cui sorseggiare in fretta e in furia un goccetto in caso di goal romanista.
Ecco, i ricordi sono come una valanga che basta davvero poco a scatenare, basta anche solo tagliuzzare assieme un peperone giallo e uno rosso per riportare alla mente un'immensità di cose semisepolte, cose alle quali non si pensa spesso ma che fanno comunque parte della propria vita.
Non voglio l'innocenza e la tontaggine dei miei dodici anni, né la mia disposizione a credere a tutto e la mia fiducia quasi religiosa nel domani, magari mentre attorno a me la gente inforcava le bici per via della crisi energetica o usciva a manifestare dopo l'ennesima strage di stato.
Vorrei solo poter rivivere una domenica come quelle d'allora, io a leggere in una stanza e sentire lui, ebbro delle parole di Ameri o Pizzul, che gioiva o bestemmiava per la sua amata Roma.

Martajati a'a romanesca
(per due persone, magari io e lui)
250 g maltagliati all'uovo*
1/2 peperone rosso
1/2 peperone giallo
50 g provolone piccante
1/2 cipolla **
1/2 cucchiaino di curcuma
un pizzico di timo essiccato (oppure, ovvio, un ciuffetto di quello fresco).
sale e pepe q.b.
*   oppure pennette, bombolotti, ruote, insomma una pasta corta che diverta.
** bianca, bionda o rossa, a piacere.


Mentre l'acqua salata si prepara a bollire tagliare finemente la cipolla e farla appassire con due cucchiai d'olio in una padella capace. Lo devo dire? A fuoco baaasso basso basso. Bene, andiamo avanti.
Tagliare a dadini i peperoni e appena la cipolla sarà semitrasparente versarli in padella.
Salare e far cuocere a fuoco basso mescolando spesso.
Appena l'acqua bolle buttare giù la pasta, se è quella fresca cuocerà in tre minuti.
Tagliuzzare a pezzettini il provolone.
Aggiungere la curcuma e un paio di cucchiai d'acqua bollente della pasta ai peperoni e lasciare insaporire.
Appena la pasta sarà pronta scolarla e versarla in padella, spolverarla con il timo - e se si vuole col pepe  - e a fuoco spento mescolarla per bene.
Servire subito, calda cada.
Come er core de Roma.

Detto romano del giorno
Panza piena nun crede a diggiuno.


Oggi ascoltiamo
Mario Venuti - Un Altro Posto Nel Mondo

http://www.youtube.com/watch?v=6BadK0GVNMA

2 commenti:

  1. "Com'a dì" risotto al blu di metilene con fettuccine di seppie al nero di seppia? Era un must deglii anni ottanta Mi sembrerebbe un po' inquietante, chef ric, però alla fede non si comanda, se poi è quella calcistica, non mi ci metto neanche. Preferisco i maltagliati "der pupone" una delle paste corte che preferisco con un sughetto colorato e profumato che mantiene proprio quello che promette. Ti piace vincere facile, eh? Due porzioni al tavolo uno. grazie. Anche adesso!!!!!!!!!!!!!Click.

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  2. Si, d'accordo, col blu bisogna barare, e forte. E vai col metilene! A go-go!
    Questa l'avevo proprio rimossa, sommersa dai chili di rucola e pennette alla vodka (con annesso povero salmone affumicato).
    Sì, mejo i martajati, e mica perché son romanisti.
    Anche se se magneno cor cucchiaio!
    Due?... Cameriereee! Quattrooo!
    ;-)

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