sabato 14 settembre 2013

Biscotti Pantanelli

Ci sono cose che nascono così, per caso, frutto di fortuite associazioni e casuali combinazioni.
Altre invece stanno lì, già bell'e pronte, perfette così come sono nella loro compiutezza circolare, come se finora fossero state nascoste nel Grande Armadio della Vita o Da Qualche Parte Nel Mondo in attesa dell'epifania,  quando con un silenzioso e semironico ta-daaa eccole uscir fuori e palesarsi, lasciandoci a bocca aperta, stupiti e ammirati.
Succede spesso in ogni settore della nostra vita, figuriamoci in cucina.
E allora ci diciamo con stupore, guardando una persona meravigliosa, una soluzione cercata a lungo inutilmente o una ricetta che ci si rivela in tutta la sua semplice bontà: "Ma do' cavolo stavi finora?..."
Ecco, a me 'sta cosa succede sempre, e non so se compiacermi del fatto che il destino mi voglia dare segni di accondiscendenza sparpagliando brandelli d'eternità in un sorriso tanto desiderato, un'idea fulminea ma restia o una ricetta cercata a lungo e mai trovata.
Invece mi sa tanto che questo destino è in realtà un vecchio signore un po' rimbambito - e si capisce, con tutti 'sti millenni che si ritrova alle spalle... -  che ha sempre sulla punta della lingua quello che noi cerchiamo spasmodicamente, che desideriamo con ardente intensità e che ci arrabbattiamo a comporre in misere soluzioni improvvisate.
Lui sa già tutto, perché in effetti sta già tutto li, sulla punta della sua lingua, sull'orlo d'un trampolino che ondeggia e ondeggia, senza tuffarsi mai.

Qualche anno ero solito passare le vacanze in Sicilia, per la precisione a San Vito lo Capo, vicino Trapani.

E non aggiungo altro...

Nelle vicinanze del paese c'è un Area Protetta chiamata Riserva naturale dello Zingaro dove sono contenute delle strutture museali che mostrano quali fossero le attrezzature, le costruzioni e i costumi dell'era contadina.
E, ospiti nella struttura, loro:


Gli asini panteschi, ovvero un'antica razza d'equini originaria di Pantelleria, che si cerca di difendere da un inesorabile e repentino decadimento.
È triste vedere che certe cose sopravvivono solo se protette per legge, e che pervicaci cercano di salvarsi dalla marea omologante che tutto cancella, lottando e annaspando per non essere sommerse.
Che ne è degli asini se è scomparsa la cultura che per millenni ne utilizzava il lavoro?
Cosa succede a una cultura quando una nuova, più moderna, le toglie il terreno sotto i piedi?
Pasolini ne scrisse pagine prima accorate, poi sempre più desolate, d'una disperatazione che non era  bieco passatismo conservatore a tutti i costi ma angoscia d'un uomo di cultura che vedeva sparire sotto i suoi occhi uno stile di vita che era durato dalla nascita della cultura umana.
L'arrivo dello sviluppo senza progresso per lui era vedere recise le proprie e le nostre - e qui è il caso di usare senza retorica un termine stra-abusato - radici, quelle dell'umanità nostra più vera.
È come non parlare più una lingua e relegarla nella fissità museale delle accademie (come è successo al gaelico irlandese, tra le tante); è non cucinare più un piatto che facevano le nostre bisnonne, o perdere una qualsiasi conoscenza artigiana, dimenticando così gesti che sono costati secoli per affinarsi, raggiungere un'economia efficace e dare il meglio di sé.

Non so abbiate avuto mai modo di accarezzare un asino.
Io sono uno che viene spesso preso in giro per la capacità d'essere avvicinato amichevolmente da ogni bestia, mansueta o selvatica che sia, tra i quali anche diversi cani da guardia e persino un vari rosso,


un lemure che, come diceva il cartello del bioparco, era piuttosto mordace, ma da come si faceva grattare la schiena non si sarebbe detto... 
Ecco, uno così poteva esimersi dall'accarezzarei i tre simpatici esemplari che s'erano avvicinati e si spintonavano per farsi toccare il muso e grattare la capoccia?
Sarebbe stato da cafoni rifiutare un contatto...


E se le loro orecchie sono proprio come me l'ero immaginate in anni e anni di Pinocchio, lunghe e setolose di pelo fitto e ispido, il muso ha una pelle d'una morbidezza tale che non ho sentito in nessun altro animale. Non a quattro zampe, intendo.
Be', nemmeno a farlo apposta, rientrato a casa vidi in tv un servizio che vantava le numerose proprietà del latte d'asina.
Non credo fosse una velata propaganda al "metodo Poppea", l'ideale a cui si rifanno tutti coloro che non hanno altro che spregiudicatezza e bella presenza, oltre che una smodata generosità di sé.
Delle proprie pudenda, intendo.
Insomma, tra le varie cose che venivano elencate a base di latte d'asina c'era anche la ricetta di un tipo di biscotti che m'hanno subito incuriosito.
Ora, che io abbia confidenza - e qualcuno dice anche più di una superficiale affinità -  con i miti e caparbi quadrupedi, non vuol mica dire che debba far mia ogni cosa che li riguardi, mi sembrerebbe eccessivo.
Più che la ricetta in sé m'interessava, come al solito mio, la proporzione degli ingredienti, da adattare  leggermente fino a ottenere i miei biscotti, quelli che cercavo da tempo e non trovavo in nessun modo, ma che sapevo celati da qualche parte.
Bastava solo aspettare fiducioso il loro tuffo dal trampolino.

Come non dedicarli allora all'asino di Pantelleria?
Chiamarli Pantanelli mi sembrava il minimo, tanto più che Pantanella era un'antico pastificio romano che per anni d'incuria e disfacimento era diventato un simbolo di degrado urbano.
Ma anche di speranza di rinascita. 

Pantanelli
1 kg     farina
400 g   zucchero
150 g   burro
50 ml   olio semi
200 ml latte (oppure: 150 g yogurt più 70 ml di latte)
3           uova
1 bustina di lievito
1/2 cucchiaino di cannella
1 pizzico di sale, vaniglina, e la scorza grattugiata di un limone.

Per l'impasto al cacao:
Aggiungere due cucchiai di cacao e togliere due cucchiai della dose di farina.
Ah, ed evitare la scorza di limone, va da sé.
Chi l'avrebbe detto, eh?...
 
In una ciotola capiente versare la farina e gli elementi secchi, unire poi le uova, e poi gli altri ingredienti liquidi.
Mescolare velocemente e formare un impasto che andrà fatto riposare per 20, 30 minuti.
Infarinare la spianatoia, stendere con il mattarello e ricavarne le forme che la fantasia può suggerire.
Si può anche dividere l'impasto in due, uno alla vaniglia e l'altro al cacao, per unirli a piacimento in faccine, trecce, pedine di reversi, e mille altre forme desiderate.


Se si vogliono formare delle spirali occorre stendete separatamente due pezzi di pasta, una bianca e l'altra nera, poi pennellate la superficie di una con dell'albume, sovrapponendovi l'altra.
L'escamotage dell'albume permette infatti di unire tra loro in cottura elementi diversi in un solo biscotto. 
Arrotolare e tagliare a misura.


Cuocere a 180° per 15, 17 minuti, e comunque a doratura.
Far raffreddare completamente su una gratella (io uso un cestello piatto di vimini, ma io sono strano, si sa).
Si conservano per giorni e giorni, ma quanti di preciso non saprei dire, visto che sono finiti sempre senza lasciarmi il tempo di verificarlo.
Se infatti il simpatico equino rischia l'estinzione, per questi semplici biscotti da inzuppo l'estinzione è cosa certa.

Detto romano del giorno
Non c'è megghiu sarsa di la fami
Non c'è migliore salsa della fame


Oggi ascoltiamo
Franco Battiato - Un'altra vita

http://www.youtube.com/watch?v=DwAqCgFcx-E

13 commenti:

  1. ecco me li hai trovati finalmente senza frutta secca, oggi li si prova

    ma quanto belli sono quei ciucchini

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  2. Bellissimi, con le lunghe ciglia da gazzella sugli occhi scuri e teneri.
    Purtroppo m'hanno detto che per tenerne uno in casa avrei dovuto mettergli le pattine per gli zoccoli.
    E poi, sul balcone, non oso immaginare le deiezioni.
    A malincuore, ma la natura deve restare dov'è. Almeno lei...

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  3. Mi piacciono questi biscotti da divinazione,Ric: piccole rune che si pescano a occhi ancora quasi chiusi dal cestino per inzupparli nel caffé. Quale mi ha scelto? Ah, la girandolina, quindi anche oggi nel vortice? Però c'è anche un faccino sorridente, allora, "se ppò ffa", dài. Quando ho visto la foto di san vito, la deglutizione è partita incontrollabile. Vorrei tanto ritornarci per il cuscusfest, altroché festadelporcino(qui), che fosse almeno un porco piccolo, macché è un agglomerato di cellulosa che profuma di sottobosco. Com'era quella là "nondum matura, ecc" ? Ai ciuchini aveva telefonato babà per garantire per te, ecco perché si sono dimostrati così disponibili. Al vari, invece, aveva mandato una mail. ciaociao lau

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  4. Ma lau, Volpina cara (nondum, ecc...), quando sono andato a San Vito l'ultima volta Babà non credo fosse nemmeno in fase progettuale; come diciamo noi qui, con la nostra squisita finesse capitolina, "stava in c..o alla luna e a cavallo a le stelle".
    E poi il vari non ha la connessione adsl nella gabbia del bioparco.
    Figurati: stava tutto il giorno sul sito www.focoselemuri.com.
    Gliel'hanno dovuta togliere per la disperazione.
    La spirale e il sorriso sono tuoi, ci sono pure tanti, tanti cuoricini che, da amico, spargo sempre a destra e a manca.
    Prendine qualcuno pure te, su.

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  5. sì,sì, Ric,.avevo ben presente la cronologia di babà, ma mi piaceva pensarla così. Ho sempre una f+++++a paura dei cuoricini...però se me li prepari e dedichi tu, ci posso provare. Ho detto provare, eh! lau

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  6. Pensandoci bene, però... Mi sa che Babà mi segue da anni.
    Pensa che in una foto scattata proprio là in Sicilia c'è un cagnetto randagio che si ripara dal sole a picco sotto le sdraio...
    UGUALE A LUI, sputato, come si dice.
    Hai ragione te, allora, non volendo.
    Babà c'era, c'è e ci sarà. Povero me...
    In quanto ai cuoricini sai che faccio? Un bel buchino e te li appendo sugli aculei.
    Poi voglio vedere come te li magni! ;-)

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  7. O l'omino presbitero di depero "con decori edibili"? O prove di istrice per Ascot 2014? Si può fare! Ma "niente paura si vede la luna perfino da qui".lau

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  8. Certo che sì, tesora.
    L'omino della Presbitero mi incantava, da piccolo.
    Aggiudicato.
    E poi, la luna c'è sempre, anche se non si vede.
    notte R

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  9. scusate se disturbo ma quanti cavolo di biscotti vengono fuori con due chili di farina, una fabbrica di carie ed un mattone di burro????!!!!!
    No perhé se vengo a sapere che li hai già finiti faccio la spia con la dietologa

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    1. e se tu e io, Amanda, gli facessimo una quasi improvvisata al sor sceffe, che dici, se ci organizzassimo a modino, magari, forse... Certe volte, basta anche solo il pensiero! iomilanese-laura

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    2. Fatemi sapere, però, ché per farmi la messa in piega ci metto dalle 3 alle 5 ore...
      Provate voi a mettere i bigodini a ventosa sul cranio!
      Non sia mai che mi si trovi in disordine!
      Ma magari tesore mie, magari!

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  10. 3 scatole di biscotti e con metà dose, bbboni ma bboni dio, o chi per esso, ti benedica Riccardino

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  11. Amandì, scusa ma stavo fuori casa e non ho potuto risponderti in tempo.
    A me solitamente con un chilo di farina mi escono 1.7-1.8 kg di biscotti, ma la quantità è indicativa.
    La ricetta originale poi riportava (oltre al latte d'asina...) tutto burro, e per bilanciare un poco senza perdere gusto ho cercato di fare un po' e un po'.
    Oggi li ho portati alla mia dottora, che in tutta risposta m'ha detto: troppi trigliceridi... Hai capito?
    Ma 'sti cavoli: mica uno se ne deve mangiare un chilo tutto assieme, no?
    Sì, son buoni, specialmente col tè.

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