sabato 13 luglio 2013

La dieta


La dieta

Doppo che ho rinnegato Pasta e pane,
so' dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure...
me pare un anno e so' du' settimane.

Nemmanco dormo più, le notti sane,
pe' damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immaginà le svojature
co' la lingua de fòra come un cane.

Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da 'na tavola e 'na sedia
pensanno che se deve da morì?

Nun è pe' fà er fanatico romano;
però de fronte a 'sto campà d'inedia,
mejo morì co' la forchetta in mano!

Aldo Fabrizi

4 commenti:

  1. però ti passa subito, vero Riccà? Così nun è punto divertente! lau

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  2. "Passare"? No, Laulau, il fatto è che non mi ha mai nemmeno lontanamente sfiorato l'idea di quella cosa brutta brutta brutta che nemmeno riesco a ripetere senza che mi tremino le dita.
    Ho copiato questa pouesia di Fabrizi (pensa, si chiamava Fabbrizi, all'anagrafe: più romano di così...) solo perché riporta la considerazione che feci anch'io alla mia dottora.
    Poi quando mi spiego mi pare d'essere in una di quelle fiere d'altri tempi, deformato e sfatto, un fiore spampanato insomma, e penso: certo che se stessi attento... Poi apro il frigo, vedo il pecorino che mi fa l'occhio lucido (pensa, a volte gli esce anche una lacrimuccia, segno che mi vuol davvero bene) e allora lo prendo nelle palme delle mani, povero piccino, e lo tranquillizzo.

    Su, su, calmo. Davvero, non è niente,
    son cose che si scrivono, lo sai,
    son quelle cose che fanno piacere
    pensare e, in fondo, e non si fanno mai

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  3. Segue un bacino sulla scorza, una carezzina e via, riposto in frigo, per la prossima avventura.

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