lunedì 18 marzo 2013

Mirtaccio mio!

Ovvero:  Su licòre de murta

Poteva mancare? Certo che no!
Dico io: uno ama una terra, i suoi colori, i suoi profumi, i sapori, la gente e poi, che fa, non prova a fare il liquore di mirto in casa?
Be' devo dire che è stata una gestazione lunga, ma alla fine ha dato un buon risultato.
In realtà l'artefice di tanto splendore non sono io, che mi ritengo solo l'umile esecutore materiale in quanto essere semovente, ma lui:


Mirtuccio, il sacro arbusto (1), che è entrato in casa e s'è intallato sul balcone a novembre.
Aveva una miriade di bacche ancora verdi, troppo acerbe per qualsiasi cosa, e allora l'ho lasciato adattare, riposare, e prendere confidenza con l'aria della periferia romana.
Quasi a fine anno le bacche erano già tutte nere, ed è iniziato il raccolto: 600 g per una pianta sola non sono male, no?

Fare il mirto in casa non è poi così difficile.
Si mettono le bacche in un recipiente a chiusura ermetica che sia grande abbastanza da contenere sia le bacche che l'alcool.
Si coprono le bacche con l'alcool e si lascia riposare al buio e al fresco per almeno 40 giorni, agitando di tanto in tanto (almeno ogni due giorni) il recipiente.
Trascorso questo tempo si filtra l'alcool dalle bacche di mirto, strizzandole con delicatezza attraverso  un telo di cotone per ricavarne le essenze che avranno assorbito.
Si prepara quindi uno sciroppo facendo bollire acqua e zucchero, miscelandolo all'essenza una volta che sia ben freddato.
Si filtra di nuovo, si imbottiglia e lasciar riposare il liquore ottenuto per un paio di mesi almeno, in un luogo fresco e buio.
Volendo si può procedere ad una seconda filtrazione, per eliminare eventuali sedimenti o residui, ma spesso non è necessario.

Certo, in Rete le ricette di liquore al mirto abbondano, e spesso sono contrastanti per quanto riguarda le dosi dello sciroppo da aggiungere all'essenza.
Di sicuro, ad occhio, c'è che quando si ottiene un dato volume d'essenza e si aggiunge un pari volume di sciroppo d'acqua e zucchero, la gradazione alcolica originaria si dimezza, e così via.
Me se uno volesse fare le cose meno pecione-broccione-alla carlona del solito?
Ho cercato, studiato e provato e ho capito che c'è del metodo anche in questo campo, come in tutte le cose.
Le domande erano riconducibili a una sola: avendo messo a macerare delle bacche (o delle scorze, delle foglie o delle spezie) in alcool a X° quanto sciroppo di acqua e zucchero aggiungere, e in quali proporzioni, per ottenere un liquore a Y°?
Più zucchero? Meno zucchero? E quanta acqua?... Ohibó!
Poi qualche nota illuminante m'ha fatto capire che esiste una proporzione tra il grado alcolico di partenza e quello finale, e tra la quantità di zucchero e il tipo di liquore che si vuole ottenere.

Mettiamo di aver messo il nostro ingrediente a macerare nell'alcool: si otterrà un'essenza con volume Ve e dalla gradazione alcoolica Ge.
Se si vuole ottenere un liquore dalla gradazione Gliq, quanto sciroppo Vs dovrò aggiungere all'essenza?
La formula è la stessa della riduzione del grado dei liquori, ossia:

Vs=(Ge-Gliq)* Ve / Gliq

cioé: V (sciroppo da aggiugere) = (G essenza - % finale)* V (essenza) / G finale.
Nel mio caso avevo: 600 g bacche + 1500 ml alcool puro al 95°
Dopo la macerazione ho ottenuto 1400 ml di essenza
Volendo ottenere un liquore di gradazione pari a 42° (proprio quello del famoso Zedda&Piras...) occorrono:

Vs = (95 - 42) * 1400 / 42 = 1770 ml di sciroppo (da aggiungere all'essenza)

Se volessi uno liquore mediamente dolce dovrei seguire i consigli che vedo scritti ovunque: metà acqua e metà zucchero...
Ma io vorrei un liquore non troppo dolce, quindi scelgo di fare così: 75% acqua + 25% zucchero
Nel mio caso quindi 1325 ml acqua (75% di 1770 ml)
Ne segue che occorrono 1770 - 1325= 445 ml di zucchero

Ma attenzione! Anche lo zucchero ha un volume, e ogni kg di zucchero apporta in una soluzione (o sciroppo che sia) i suoi 625 ml di volume.
Questo perché il Peso specifico dello zucchero è 1,6 kg/l (e infatti 1000 g diviso 625 ml dà appunto 1,6)
Quindi: Peso Zucchero = Volume Zucchero x 1,6
Se siamo ancora svegli applichiamolo al mio caso: 445 ml di zucchero equivalgono perciò a 445 x 1,6 = 712 g zucchero

Dopo aver consumato i tasti dalla calcolatrice si otterranno quindi:
Volume del liquido totale = (Volume dell'essenza + Volume Sciroppo), ovvero:  1400+1770=3170 ml.
Ovvero tre litri e passa di buon mirto casalinguo.

Avoja (2) a beve!
Se poi volessi fare le cose ancora più scicche, cercherei delle bottiglie cosiddette liriche (quelle da 50 cl belle dritte e strette) in cui travasare il mirtaccio da regalare.
E a questo punto sarebbe bello avere anche delle etichette personalizzate da attacccare con cura alle nostre bottiglie.
Ho gia due idee: una con il cuccumiao allucinato...

L'altra con la marmotta...

Ora dico: ma che c'entra la marmotta, montana e alpina, con un arbusto del piano mediterraneo?
Niente, certo.
Ma provate a farvi un bel bicchierozzo di buon mirto e il legame tra le due cose diverrà subito chiaro, solido e tangibile...

Detto sardo del giorno
Faeddos de cara non perdent amistade.

Parole leali non fanno perdere l'amicizia.

Oggi ascoltiamo
Roger Hodgson (Supertramp) - Lord is it Mine

http://www.youtube.com/watch?v=zPsMHLQLMVg

NOTE
1) I greci, che la sapevano lunga e vivevano immersi nella poesia delle cose l'hanno battezzato semplicemente myron, ovvero profumo. Così, puro e semplice. L'alloro, il ginepro e la menta stanno ancora rosicando da allora...
Si chiama anche mortella, ma dubito che qualcuno conosca ancora questa parola, che sa molto di polveroso Ottocento, di monumenti bronzo/marmorei (orribili) alle Glorie Patrie e di quella stantia e naftalinica ipocrisia chiamata decoro borghese.
È originario dell'Africa (come tutti noi, del resto) e per gli antichi era consacrato a Venere, e quindi simbolo dell’amore e della poesia amorosa, cosicché si usava cingere di corone di mirto il capo dei partecipanti ai conviti e dei poeti, soprattutto amorosi.
Nel linguaggio poetico è rimasto simbolo della gloria poetica e della poesia: Tanto fu dolce mio vocale spirto, Che, tolosano, a sé mi trasse Roma, Dove mertai le tempie ornar di mirto (Dante); talora anche dell’amore: Desiosa di lauro e non di mirto (V. Monti), di gloria guerriera e non d’amore; secco è il mirto (Foscolo), il sentimento d’amore, o l’ispirazione amorosa della poesia; Il titano giacea senza ghirlande, Senza lauri né mirti, Sol coronato del suo crin selvaggio (D’Annunzio, «Per la morte di G. Verdi»).
fonte: Enciclopedia Treccani.

2) In italiano "hai voglia", locuzione molto usata a Roma e in Toscana per indicare:
- l’inutilità di insistere in un tentativo:
    Hai voglia a chiamarlo, non può sentirti!,
    Avete voglia di ripeterlo, non vuole capire!
- l'accezione negativa di "enorme lacuna di tempo o di spazio"
    -Si, hai voglia ad aspettare! (ossia: puoi aspettare quanto vuoi, ma non succederà, o ci vorrà molto tempo)
    - Hai voglia a cercare le chiavi, non ci sono proprio! ( puoi cercare le chiavi quanto vuoi che comunque non le troverai mai, visto che non ci sono.)
- l'accezione positiva di forte desiderio, significando "moltissimo"
    - Ti andrebbe? Hai voglia!
    - Ti sei divertito? Hai voglia!
- l'accezione positiva per dire "è vero, chiaro"  "eccome, certamente, altroché"
    - Non trovi che sarebbe stato molto meglio andare in taxi invece di prendere l'autobus? Hai voglia!
    - Certo che quel tipo è proprio uno sbruffone! Hai voglia!

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