lunedì 14 maggio 2012

Sa Cavalcata Sarda!

Eh, lo so, mi manca... 
Magari ai Sardi non fa più tutto 'st'effetto, ma questa non è soltanto una manifestazione folkloristica, una facciata di cartapesta.
Quando si parla di radici lo si fa sempre a sproposito, come ad affermare una specificità che, a conti fatti, poco vale se non a nascondere la profonda insicurezza identitaria di fondo.
Che gliene sarebbe importato sennó a tanti piccoli popoli sparsi per il mondo affermare con fermezza, e certe volte anche con violenza, la loro differenza rispetto ai loro vicini?
Il problema non è imporsi di essere diversi dagli altri ma non essere, semplicemente, o scimmiottare un'idea di sé che non ha sostanza.
Diceva, in due parole il nostro poeta Sandro Penna:

Felice chi è diverso
Essendo egli diverso
Ma guai a chi è diverso
Essendo egli comune.

Essere Sardi non è solo ballu tundu, cantadores, caso marzu, mirtu et fil'e ferru...
Questi sono solo gli ammenicoli dell'identità, le palline luccicanti che adornano l'albero e gli elementi a cui, guarda caso, si appigliano e si accapigliano quelli che non hanno mai avuto una chiara idea di sé e della storia da cui provengono.
Grazia Deledda scriveva: 

Siamo sardi
Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d'oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell'immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
 

Essere e avere percezone di sé, della propria specificità fatta di mille spunti, un albero dai mille innesti che è vivo non solo perché affonda le radici nel terreno ma, soprattutto, perché eleva i suoi cento rami verso il sole.
Quindi non solo cantende e ballende (e magnende...) ma anche gesti, versi, modi di esprimere la propria voce, che per tutti è diversa, solo nostra ma ci viene da chi ci ha preceduto...

E poi avrò finalmente l'occasione di incontare dal vivo LUI:


Mi hanno già avvertito che qualora dovessi avere gesti inconsulti potrei essere per questo preso a colpi di campanaccio in sa conca ma si sa: all'amor non si comanda....

Per maggiori info vedete un po' qui.

Detto sardo del giorno
A nos bidere, avvidezzi, avvidecci, a si (torrai a) biri...
in logudorese, sassarese, gallurese e campidanese, le quattro lingue de sa Limba Sarda.

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