venerdì 4 maggio 2012

Lama trishana


Ciavete creduto, eh? Che ve facevo quarche piattino indiano pieno de spezie murticolori e dar profumo che se sarebbe sentito fino a du' chilometri de distanza, eh? Manco pe' gnente
Oggi pasta, visto che ne mangio così poca...



L'Amatriciana o Matriciana, che dir si voglia, è uno di quei piatti che uniscono e dividono.
Dicono sia arrivato a Roma da Amatrice, e guai a metterlo in discussione con i nostri cugini sabini! 

È l'unico vanto culinario che abbiano mai avuto a livello nazionale...
È un piatto importato, come tutto a Roma, del resto. Ma è stato fatto suo, come romano diventa chi a Roma vive o anche solo soggiorna. Roma accoglie, abbraccia e fa sua ogni cosa, anche la più distante...
La gente qui ha il suo tranquillo savoir faire che le consente di accettare tutto, o quasi, con serena e placida rassegnazione. D'altronde, 'sti quasi duemila anni di potere papalino ci hanno fatto digerire un bel po' di magagne... 

Quanno succede quarcosa er romano arza le spalle e fà: "Embè?".
E oggi aggiunge pure un "M'arimbarza!" (Ossia: quello che accade mi rimbalza, non mi fa nulla...).
Vabbè, va, torniamo al nostro piattino.
I puristi affermano, scritto su tavole di bronzo: “NO AGLIO! E NO CIPOLLA!”.
E sotto, a caratteri più piccoli: "Pena la scomunica!".
Si sa, i puristi hanno sempre quella sorta di alone austero un po' patetico perché slegato del tutto alla mobilità della vita, come l'Arcadia nel Settecento, dove si scriveva venerando il passato o come pure in alcuni circoli odierni dove si pretende di scrivere sonetti nel romanesco dell'epoca del Belli, che nessuno oramai parla più...
Sull'aglio e la cipolla, comunque, come dar loro torto? In effetti non servono.
Ma, il mondo è vario. Una volta, sull’autobus, mentre parlavo di amatriciana con un mio amico al telefono e gli dicevo, scherzando sul quel dogma  culinario, che "assolutamente" non ci vuole né aglio e né cipolla, una donna che non conoscevo girandosi piccata, come se le avessi detto: ”Signora, lo sa che suo marito le mette un cesto di corna così e fa anche la trans sulla tangenziale col nome di Lola la ghiotta?”, mi rimbrottò severa: “No! Ci vuole la cipolla. La cipolla ci vuoleee!”... Aho! E carma, signó!... Mah.. Sicuramente non era romana...



Un nostro caro e indimenticato concittadino, Aldo Fabrizi, oltre ad essere un grande attore era anche un rinomato amatore della buona cucina: i colleghi della compagnia  del "Rugantino" di Garinei e Giovannini, dove recitava la parte del boia Mastro Titta, ricordavano con un sorriso come lui, durante il tour americano dello spettacolo, si fosse portato tutto l'occorrente da casa per cucinare la "sua" pasta che, si sa, in America, non è proprio il piatto nazionale.
Bene, il Nostro è stato anche poeta, non lo sapevate? 

Cercate in qualche biblioteca qualcuno dei  suoi libri più famosi: "La pastasciutta", "Nonno pane" e "Nonna minestra".
Chi saprebbe raccontare come lui in un sonetto in romanesco una ricetta, ben condita di "considerazioni in versi", come riporta lui stesso nei sottotitoli? Questo è quanto scrive sulla Matriciana:

“La Matriciana mia”
Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.

Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.

Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.

E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.


Che splendore! Splendore dei versi che scorrono nell'anima come vinello ner gargarozzo!
E ora che l'anima è bella sazia di parole, emozioni e sensazioni, facciamoci pure la nostra bella pasta.
Soffriggere del guanciale a pezzetti; i soliti puristi dicono: 3 x 1 cm e 0,8 cm di altezza... E che palle 'sti puristi!

Unitevi una grattatina di zenzero. Non siete convinti sullo zenzero? Fidatevi, se non di me almeno di Aldo Fabrizi!
Mica sarete dei puristi, vero? "Si deve! Non si deve!". Macché, qui siamo appassionati: si prova e si riprova!
Aggiungere del vino bianco secco (io avevo un bell'aceto bianco profumato e ho usato quello), far svaporare e poi versarvi il pomodoro. Bollire per una ventina di minuti e poi aggiungere, a piacere, del peperoncino a pezzi.
Nel frattempo fate cuocere i bucatini, o una qualsiasi altra pasta che vi risulti più "maneggevole".
I bucatini, si sa, sono ribelli: schizzano sugo e fischiano senza riguardo come dei maschiacci, come i borgatari che Pasolini amava tanto per la loro immediatezza e la loro freschezza d'animo.
Fate così: oggi fatevi degli spaghetti, poi domani passate ai vermicelli, e il giorno dopo, puntate sui bucatini. 

A certe cose si arriva piano piano...
Io che non sono né un purista né un maschiaccio ho optato per i vermicelli, belli paccuti e solidi, ma discreti...
Quando la pasta è cotta, scolarla e mantecarla in padella "vestita" con un po’ di pecorino.
Far insaporire col condimento e... chiss'è visto s'è visto!



Detto romano del giorno:
Se pijeno più mosche co 'n pizzico de méle che co 'n barile d'aceto.

Si catturano più mosche con un pizzico di miele che con un barile d’aceto.

Oggi ascoltiamo:
Aldo Fabrizi - Na donna dentro casa - da "Rugantino" (edizione del 1978)

http://www.youtube.com/watch?v=wS0q870ne94


P.S. Vi fa tristezza la mia tovaglietta di plastica, vero? Ma così è. Qui cucino, qui mangio, qui vivo. 
Da "Chez Momó" a Paris ci si arrangia così. Ah, ah....

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