mercoledì 2 maggio 2012

I capricci di un demone: torta alle scorzette d'arancia

E lo sapevo....
Non bastava stare due ore della mia vita, in parte già spesa alla così come viene, per scocciare le mie belle nocciole, no.
Che viene in mente a questa testa matta? Beh, se la torta la porto stasera a cena da zio, per me quasi quasi... Quasi quasi cosa?...
Benedetto e maledetto demone... 
Socrate il δαίμων ce l'aveva in testa e l'accompagnava e lo consigliava fin da quand'era bambino.  
Filemone prendeva a braccetto Jung e gli parlava, gli parlava... 
Il duende ballava nella musica gitana e nei versi di Garcia Lorca, demonietto di fuoco, sangue e gelsomini...
Ma chi come me, povero tapino, il demone se lo porta nella panza?
Che fare quando vede qualcosa nella credenza e dice, festoso e garrulo come un bambinetto: Dài, facciamolo! E su, dài, dài, dài...
E tu: tesorino mio bello, se sto a sentire a te arriverò ai cento chili in due giorni, se non schiatto prima!
Una volta, due, tre... poi prendi il un mestolo e... no, non te lo suoni sulla panza ma ti metti all'opera. 
E mentre muovi le mani, mescoli un impasto, aggiungi con perizia peciona gli ingredienti lui, seduto come un pappagalletto sulla spalla del pirata che fa? Canticchia le sue canzoncine, lui. Mica aiuta! Tsé...
E quindi che pensate sia accaduto mentre cercavo gli ingredienti in frigo e ha visto le scorzette d'arancia così belle belle imbarattolate e nascoste nel ripiano più basso? Quelle, quelle, su su, dài, dài, un dolcetto piccino piccino con le scorzette... E su, e su...
Pure lagnoso è, 'sto begalino!
Ma non potevo essere invaso dal genio della scienza, come Charles Darwin; della matematica, come John Forbes Nash jr; della pittura, come Vincent Van Gogh; della musica, come Franz Schubert e Janis Joplin; della letteratura, come Fernando Pessoa o Marina Cvetaeva; del sesso come Ilona Staller?... No, io ce lo dovevo avere nella panza...
Meno male che, da qualche tempo, la voce della ragione mi ha spinto a comprare degli stampi da 14 cm di diametro. 
Stando da solo sarebbe impensabile consumare in tempi umani una tortona da 24 cm...
Già che devo reimparare a fare la spesa e cucinare non più per due persone ma per me solo...
E che ti fa il malefico Leppagorre
Si convince sì a usare gli stampi da 14 cm... ma due insieme! 
E poi impila le due torte con una bella farcia al mascarpone e panna.... Arghhh.... Maledettooo...
Su su, bbono... stai bbono, sinnó mi vien voglia di aggiungere anche una bella glassa al cioccolato, eh?... Ari-Arghhh....

Ma stavolta faccio a modo mio: stampo piccolo e stop.
Qui riporto le dosi per uno stampo "normale", da 24 cm, da uso famiglia o cenetta tra amici...


Quindi:
100 g farina
80 g   fecola
100 g zucchero
125 g burro pomata
180 g scorzette d'arancia candite
3        uova
1 bustina di lievito.
2 bicchierini di liquore (io ho scelto lo Strega, ma va bene anche il Cointreau o, se lo trovate ancora in giro, il Mandarinetto: quanti ricordi...).
la scorza grattugiata di un'arancia e un pizzico di sale.
Allora: lavorare a crema il burro pomata con lo zucchero e il sale.
Unire le uova (una ad una, facendo assorbire quella in corso prima della successiva... scriverò un post sulle basi, credo).
Aggiungere le farine setacciate, il lievito, il liquore e, in ultimo, le scorzette tritate.
Versare nella tortiera e cuocere a 180° per 30 minuti o poco più.

E mentre la cucina si riempie dell'odore dello Strega che svapora in cottura, mentre la superficie del dolcetto si indora come un tramonto sereno lui, su dimoniu, che fa?
Piange, il meschinello... E perché? Io la volevo più grossa, uffa... Mi fa, girando il piedino con imbarazzo e voltaldosi un po' stizzito a guardare il muro...
Oddio, pure ingordo, capriccioso e prepotente...
Ah, annamo bbene!...

Detto sardo del giorno:
S'ainu non connoschet sa coa finzas qui la perdet.

L'asino non conosce la coda finché non la perde.

Oggi ascoltiamo:
Quintorigo - Rospo
 

http://www.youtube.com/watch?v=lIaYu0ewsDI 

P.S.
La "Leppa" è il classico coltello sardo, ancora oggi in uso sopratutto presso pastori e contadini, la parola proviene dal greco lepis, lépos che significa 'lamina di metallo'.

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