martedì 24 aprile 2012

Pani alle erbe

Farsi il pane in casa è un rito, un insieme di gesti che richiedono pazienza, tempo e attenzione.
Molti ci rinunciano perché pensano che la spesa non valga l'impresa ma, secondo me, sbagliano di grosso.
Ci sono dei vantaggi che non sono squisitamente materiali e non si misurano con l'unità monetaria, soddisfazioni che ci riempiono l'anima con la sensazione di aver fatto davvero qualcosa di importante. E cosa c'è di più importante, basilare e atavico del cibo?
Ecco perché cucinare fa bene: ci riporta all'epoca del grugnito preistorico, in una dimensione preverbale in cui possiamo davvero esprimere la nostra corporeità, restando coscienti e ancorati al nostro mondo abituale (e usare le fruste elettriche o la macchinetta stendipasta, se serve, guarda un po'...).
Un viaggio nel tempo e qualche volta anche nello spazio, nella galleria dei gesti delle nostre bisnonne e in quelli delle nostre antiche prozie sparse per tutto il globo. Magari Lucy non sapeva ancora fare il pane, ma non ci avrebbe messo molto a capire come utilizzare quei semi che raccoglieva per nutrirsi. Furbe le donne, eh!...
Ma bado alle divagazioni: facciamoci bel un pane, quindi...


Magari uno di quelli veloci, che non richiedono impasti indiretti e ripetute lavorazioni.
Anche pani schietti e meno laboriosi si possono affrontare con facilità, ottenendo dei buoni risultati. Chissà, magari poi ci viene voglia di impastare il giorno prima e cuocere il giorno dopo, o imparare a gestire quell'incrocio tra la creatura di Frankenstein e il  laboratorio chimico che è la Pasta Madre (già il nome riempie l'anima di due cose fondamentali...):
E poi ci vuole sempre meno tempo che per riuscire a comprendersi appieno con un partner, che vi credete..

Quindi:
500 g     farina
25 g       lievito di birra
200 ml   latte
50 g       burro pomata
2            uova
1 pizzico di  sale, 1 cucchiaino di zucchero, ed erbette varie sminuzzate: basilico, origano, rosmarino, timo, prezzemolo, salvia, cicuta…no, cicuta anche no, meglio evitare…
I fase)    Il lievitino…
Sapete già cos’è vero? (lievito in poco liquido e farina q.b…).
Lasciar lievitare per 15', almeno fino al raddoppio.
In genere io scaldo a bollore dell’acqua in un bricchetto metallico poi, a fuoco spento, metto la tazza col lievitino appesa là sopra, coperta dal canovaccio. Sembra che stia facendo l’aerosol ma, tant’è…

II fase)    Impasto.
Al lievitino si aggiungono le uova (se più d'una vanno messe una alla volta e fatte assorbire bene prima di unirvi la successiva...), il burro reso morbido a temperatura ambiente (er Sor Pomata...), la farina restante e il latte. 
Stessa trafila da casalinga disperata… Picchiare duro!
Come ho già notato una volta, gli impasti non richiedono sempre lo stessa lavorazione. Alcuni vogliono un'attenta delicatezza e un insieme di gesti leggeri ma fermi. Altri, che ci volete fare, vogliono la forza bruta. Per dare il meglio di sé (in questo caso il glutine...) vogliono essere trattati male, ma proprio male, eh!... Eh sì, ci sono pure gli impasti sadomaso, signora mia... Ma dove andremo a finire?...

E dopo questa bella strapazzata via sulla teglia o, se preferite, anche nello stampo da plum cake. 
Lasciar lievitare altri 20', o almeno fino al raddoppio.
E cuocere a 180° per 30'.

Detto romano del giorno:
Nun me toccà sur vero che me s’addrizza er pelo!

Oggi ascoltiamo:
Tim Buckley - Song To The Siren

http://www.youtube.com/watch?v=UIvMGFwuSE0&feature=fvst

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